Anno: 2019

  • Fenomenologia del tenente Colombo

    Fenomenologia del tenente Colombo

    Circa cinquant’anni fa esordiva sugli schermi televisivi la serie Colombo, con protagonista Peter Falk nei panni dell’omonimo tenente. Il format era innovativo: benché incardinata nei solidi meccanismi del giallo poliziesco, la trama era caratterizzata da una originale idea, che ribaltava lo schema del genere: il pubblico doveva sapere fin dall’inizio chi era l’assassino; l’interesse per la storia scaturiva dalle indagini del tenente che, pezzo dopo pezzo, metteva insieme il complesso puzzle di alibi, indizi e prove.

    Si assisteva a una serie di sopralluoghi, colloqui e interrogatori con l’assassino, quasi sempre appartenente all’alta società, rappresentante del mondo della moda, dello spettacolo, dell’industria, e i suoi diretti conoscenti e colleghi di lavoro, in cui un deferente Colombo pareva indugiare incerto sui passi da compiere, fino a che non dimostrava lo smascheramento del colpevole proprio all’assassino.

    La figura del tenente è un piccolo prodigio di caratterizzazione, dovuto sia alla qualità della sceneggiatura sia alla magistrale interpretazione di Peter Falk.

    Povero italo-americano in un mondo di ricchi wasp, Colombo conduce una inconsapevole vendetta di classe: il tenente è un Fantozzi a una cena padronale; è malvestito in confronto a un mondo alla moda, l’eterno impermeabile sporco e spiegazzato come pressoché unico costume, la vecchia utilitaria, una Peugeot 403, stona di fronte alle auto di lusso del mondo in cui si muove.

    Il tenente non sa come comportarsi nell’alta società; il suo cibo preferito è il popolare chili e l’alta cucina lo sorprende e lo meraviglia; è imbarazzato, impacciato e ossequioso; sempre attento a non disturbare, timido nelle movenze come se un suo gesto sgraziato possa rompere qualche delicata opera d’arte, introduce l’interrogatorio con un deferente “mi perdoni se la disturbo, lei ha così tanto da fare” e lo conclude con un altrettanto deferente “mi scusi, non la importunerò più”, promessa regolarmente disattesa. Colombo, perenne vincitore, appartiene al proletariato; l’assassino, sempre sconfitto, al mondo dei ricchi.

    Le sue vittorie non portano avanzamenti di carriera, né lui sembra desiderarli. Al contrario dei suoi indagati, non ha ambizioni o mire, è pago di ciò che ha: la famiglia, il lavoro, il cane.

    Lo spettatore conosce già il modus operandi del tenente, al contrario dell’assassino di turno. Colombo è un indagatore seriale per definizione, l’assassino è sempre occasionale, ignora lo stile del suo avversario che è invece ben noto a noi che lo seguiamo puntata per puntata. Nel gioco delle parti ribaltate, l’assassino diventa la vittima di un serial killer.

    L’atteggiamento del tenente Colombo è cordiale, simpatico, eppure falsamente sincero: egli sa già che cosa ha scoperto ma lo dice solo alla fine della conversazione, con un puntuale “Ah, ancora una cosa…”. Il dettaglio importante, il cuore rivelatore, la prova definitiva vengono lasciati cadere addosso all’indagato a tradimento, quando un difficile interrogatorio mascherato da amichevole colloquio sembra ormai brillantemente superato: “Sì, dev’essere sicuramente come dice lei, eppure c’è una cosa che non riesco a spiegarmi…”.

    Colombo come un piraña assaggia la sua vittima e poi la divora inesorabile fino all’osso. Il suo linguaggio del corpo esprime aggressività mascherata: la schiena si incurva, la testa si inclina minacciosamente verso il bersaglio, gli occhi piccoli e svegli scrutano costantemente. La nostra sadica soddisfazione deriva dalla ripetizione dei colpi segreti del tenente, dalla sua attenzione per i dettagli apparentemente insignificanti e alla sua capacità di trovarne i collegamenti. Attendiamo il suo attacco finale alla conclusione della puntata mentre vediamo l’assassino dibattersi come la preda di un ragno, imprigionandosi sempre più nella tela.

    Sotto le mentite spoglie di un cordiale simpaticone, Colombo si rivela essere un freddo indagatore, un predatore naturale che non prova alcun desiderio di vendetta, forse nemmeno di giustizia, ed è forse quasi dispiaciuto quando riesce a incastrare la sua vittima. Non è un vendicatore ma un glaciale esecutore del meccanismo della giustizia.

    Il titolo del post è un furto ai danni di Pietro Citati e del suo articolo per Repubblica.

  • Spider-Man: un nuovo universo metamediale

    Spider-Man: un nuovo universo metamediale

    La storia delle origini di Spider-Man è già stata raccontata innumerevoli volte; ecco perché alla sua ennesima reincarnazione in Spider-Man: un nuovo universo il nuovo Uomo Ragno si trova circondato dai suoi omologhi provenienti da universi paralleli che narrano il medesimo, archetipico racconto, se pur con minime differenze: il personaggio si è auto-metabolizzato, è diventato conscio di essere personaggio, racconta la sua storia dando per scontati particolari che tutti ormai conoscono in quanto spettatori o lettori delle sue avventure.

    Nel film splendidamente e lussuosamente animato di Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman il giovane Miles Morales sogna di essere Spider-Man come milioni di altri fan, abitanti del suo e del nostro universo. Un nuovo universo si appoggia alla nostra paura e desiderio di essere Spider-Man: Miles è uno di noi, è il lettore del fumetto che diventa prima cosplayer e poi, grazie al solito (sempre il solito) ragno radioattivo, il nostro nuovo amichevole supereroe di quartiere.

    L’investitura è ufficializzata con il suo diventare fumetto, con pensieri che d’improvviso si concretizzano sullo schermo in didascalie e appoggiature. Del resto, la storia di ognuno dei molti Spider-Man del film (come anche i loro racconti e i loro piani) è raccontata in un fumetto animato; per parlare di se stesso, il personaggio diventa metafumetto e metafilm. Persino il flashback familiare dell’acerrimo nemico Kingpin è reso con il tratto matita dello studio per una graphic novel.

    Non c’è solo l’universo Marvel in questo film. I riferimenti cinematografici e letterari sono innumerevoli, a partire dai rapporti quasi shakespeariani della famiglia Morales.

    Ogni Spider-Man, Spider-Woman, Spider-Ham indossa il proprio personaggio con una diversa grafica, ambientazione, musica: il mondo di Miles è immerso nella cultura hip hop, del rap e dei coloratissimi writing; Spider-Man Noir è un personaggio hard boiled dei film in bianco e nero di ispirazione chandleriana; Peni Parker pare uscita dalle chine di un mangaka. L’oggetto MacGuffin attorno a cui ruota la narrazione perde persino il suo nome e, come il flacone maltese di derivazione ancora shakespeariana, è la materia di cui sono fatti i sogni, dei protagonisti del film e di noi suoi spettatori.

  • La genitorialità ai tempi degli zombi

    La genitorialità ai tempi degli zombi

    Il mondo post apocalittico degli zombi non è esattamente un parco giochi per bambini; per sopravvivere bisogna essere adulti in grado di correre e sparare.

    Fin dai classici film di Romero i bambini sono vittime e mai protagonisti. Gli adulti, genitori e non, si trovano spesso nei loro confronti nell’atroce ruolo dei carnefici più che in quello dei salvatori. Non li si può biasimare, visto che dal canto loro, i piccoli hanno la pericolosa tendenza a cadere vittime dei morti viventi e a trasformarsi a loro volta in piccoli ma voraci consumatori di carne umana viva.

    La notte dei morti viventi

    Cadono quindi sotto i colpi dei fucili prima la piccola Cooper, che uccide e divora i suoi genitori nella Notte dei morti viventi, poi i due anonimi bambini (nella realtà figli del regista) in Zombi.

    Sopravvive comunque una speranza, incarnata proprio da una nuova generazione. Una dei due sopravvissuti a Zombi è incinta e nel Giorno degli zombi vediamo nell’ultima scena la protagonista segnare i giorni che passano su un calendario, forse per ricordare il tempo trascorso dopo l’apocalisse o quello che resta prima di un parto.

    I morti viventi, a differenza dei vivi, non si riproducono; la loro è una società sterile, costretta a perpetuare se stessa solo in modo conservativo, e, a lungo termine, a decadere nella putrefazione. L’aumento dell’orda è basato unicamente sull’assimilazione: zombi si diventa, non si nasce. La possibilità di figliare rimane prerogativa e tratto distintivo dei viventi, parte minoritaria e rivoluzionaria rispetto alla massa dei morti deambulanti.

    E’ proprio dalla difesa dei figli e, per estensione, delle nuove generazioni, che muove un nuovo filone del genere nel mondo del post 11 settembre. In particolare due film sono accumunati dal senso di incertezza e disorientamento di fronte a fenomeni globali, che colpiscono gli indifesi cittadini americani a casa loro e nei loro affetti familiari.

    World War  Z

    In World War Z il protagonista è un superagente dell’ONU incaricato di trovare una cura per il morbo che sta trasformando l’umanità in una unica, gigantesca orda di morti viventi; ma è anche, e prima di tutto, un padre che lotta per salvare la sua famiglia, che verrà protetta dal governo solo fino a quando lui sarà utile in qualche modo: nella glaciale logistica della sopravvivenza non c’è spazio per chi non è direttamente attivo. Brad Pitt si trova quindi a inseguire un ipotetico vaccino in un tour forzato intorno al pianeta per salvare sì il destino della razza umana ma soprattutto quello di sua moglie e dei suoi figli.

    Contagious - Epidemia mortale

    Se nella guerra mondiale contro gli zombi c’è la speranza nella scienza medica e nella sua unione globale, in Contagious – Epidemia mortale (brutto titolo italiano per il più significativo originale Maggie) non c’è alcun rimedio: il vecchio padre Schwarzenegger è costretto ad assistere impotente alla progressiva e inesorabile zombificazione della figlia adolescente.

    Politicamente repubblicano, il personaggio interpretato da Schwarzie resiste alle pressioni del governo affinché consegni la figlia a un centro di quarantena, dove i “morituri” sono tenuti ammassati in attesa del colpo di grazia. Ma la sua è anche una battaglia per il diritto a una eutanasia autodeterminata, per quando il processo, simile a un cancro, sarà arrivato alla fine: il padre, erede della frontiera del vecchio West, resta con la figlia fino all’ultimo, pronto a spararle per risparmiarle la non-vita degli zombi.

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