Percorrere la storia del filone catastrofico (o, più precisamente, del genere disaster movie) significa percorrere l’intera storia del cinema: la catastrofe è un tema costantemente presente fin dai primi anni della cinematografia, vuoi per esigenze documentaristiche, vuoi per la spettacolarità insita nel mezzo.
Possiamo tuttavia distinguere tre fasi principali:
- prima degli anni ’70;
- gli anni ’70/’80: l’era del disastro;
- dagli anni ’90 a oggi: l’era digitale.
Ogni fase presenta caratteristiche distinguibili. Nella prima il disastro è in genere un elemento funzionale della trama ma senza necessariamente esserne il principale. Nella seconda il disastro diviene oggetto-ragione della rappresentazione. Nella terza, grazie agli effetti speciali digitali, il disastro diviene sempre più catastrofe di dimensione mondiale, graficamente dettagliatissima e di puro intrattenimento.
La catastrofe è parte della storia del cinema fin dagli inizi. Fire! è un film muto inglese del 1901 che mostra un incendio e l’intervento dei vigili del fuoco con annesso salvataggio. Del 1913 è invece la prima versione cinematografica (italiana) di Gli ultimi giorni di Pompei, ricostruzione romanzata dell’eruzione del Vesuvio del 79.
Catastrofiche o quanto meno disastrose sono le conclusioni di svariati film dell’epoca muta, basti pensare alla distruzione della città sotterranea del fantascientifico e visionario Metropolis di Fritz Lang.
Del 1931 è il primo film sul tema “corpo celeste in catastrofica rotta verso la Terra”: in La fin du monde il regista francese Abel Gance ci mostra come il pianeta si prepari all’imminente impatto con una cometa. All’epoca ovviamente non c’è ancora a disposizione una salva di missili nucleari come in Meteor, Bruce Willis e Robert Duvall non sono disponibili per l’estremo sacrificio come accadrà rispettivamente in Armageddon e in Deep Impact; quindi agli sventurati personaggi di La fin du monde non resta che adoperarsi per la pace, pregare o gozzovigliare; il finale è inevitavilmente moralista: con la catastrofe evitata per un soffio (la cometa si limita a sfiorare il nostro pianeta, causando danni limitati) si realizza l’unione mondiale delle nazioni.
Il vero e proprio sbarco dell’industria hollywoodiana nel genere si ha nel 1936 con San Francisco, melodramma con cast stellare che culmina con il terremoto e il conseguente incendio che nel 1906 semidistrussero la città californiana: tra l’ira di Dio per la “città della perdizione”, le love story, l’ottimismo della ricostruzione da parte di un’umanità redenta e una morale american way un po’ stucchevole, rimane potente la rappresentazione della catastrofe, con effetti speciali accurati che ben resistono all’età della pellicola.
Dell’anno successivo è il notevole Uragano di John Ford, da un romanzo di James Norman Hall: condanna del razzismo ai tempi del colonialismo, tra i bravi protagonisti spicca ovviamente il lungo uragano finale del titolo, deus ex machina che risolve la situazione in modo biblico travolgendo i cattivi e liberando i buoni.
Tra il 1943 e il 1958 vedono la luce ben tre versioni cinematografiche dell’affondamento del Titanic, delle quali vale la pena di ricordare Titanic, latitudine 41 Nord, ottima e fedele ricostruzione al limite del documentaristico dal costo di quasi due milioni di dollari (dell’epoca!).
Anche la fantascienza si nutre di catastrofismo: il cataclisma cosmico di Quandi i mondi si scontrano e soprattutto l’invasione aliena della Guerra dei mondi (che già aveva terrorizzato gli americani nella versione radiofonica curata da Orson Welles) dominano gli anni ’50, alimentandosi della paura del “pericolo rosso”. Nei primi anni della Guerra fredda nasce anche il filone post apocalittico, che mostra le conseguenze di un ipotetico conflitto nucleare: tra il serio (L’ultima spiaggia di Stanley Kramer) e il simpaticamente fracassone (Il mostro del pianeta perduto di Roger Corman), il post apocalittico arriva presto a costituire un genere a sé.
La prima èra dei disaster movie si conclude nel 1969, con lo spettacolare Krakatoa, est di Giava, ispirato all’eruzione del vulcano polinesiano del 1883. Il pubblico è ormai pronto per l’intrattenimento commerciale della catastrofe di celluloide che dominerà gli anni ’70.